Sulla bellezza dell'evoluzione.
In settimana ho assistito
alla presentazione di un libro. Il soggetto è una indagine sulla relazione tra
uomo e donna svolta in forma letteraria attraverso il racconto di un uomo e
donna immaginari.
Non ho ancora
letto il libro, e potrò essere più consistente quando lo farò, ma ho vissuto la
sensazione di ascoltare un appassionato dibattito sulla locomotiva a vapore in epoca
di treni a levitazione magnetica.
La tesi sostenuta
dagli autori può essere sintetizzata, e mi scuso per l’approssimazione forse semplicistica,
in questi termini: la crisi del rapporto tra uomo e donna è nata con la
modernità e può essere scongiurata solo recuperando la bellezza della
centralità del ruolo della donna.
Probabilmente
ogni mia considerazione è pervasa dal cinismo che accompagna l’età matura e non
mi permette di leggere la poesia dell’affermazione ma solo gli aspetti nostalgici
di un tempo trapassato remoto. Inoltre, da convinto sostenitore dell’attualità
della teoria evoluzionistica, penso che tra 100 anni non ci saranno generi naturali
ma generi dettati dall’ambiente sociale e i rapporti saranno on-demand. Avremo
relazioni basate sul soddisfacimento di bisogni, ovvero cercheremo persone con
cui andare in viaggio, persone con cui andare al cinema, persone con cui
lavorare, persone con cui dedicarci ad attività ludico-ginniche (if you know
what I mean), e persone con cui ___________ (aggiungere attività ed esperienze
della contemporaneità, a piacimento).
Non riesco a
cogliere il senso di una operazione di retrofitting del genere umano quando l’evoluzione
della specie è orientata verso la riduzione, fino all’annullamento, del maschile
e del femminile.
Mi sentirei di escludere che nel momento in cui il primo pesce è diventato anfibio e ha cominciato a popolare la terraferma, si sia discusso dei rischi dell’evoluzione o della bellezza della centralità della fauna ittica.
E oggi, i pesci
continuano a nuotare e l’uomo a camminare.